La Cina da anni cerca di creare una linea diretta per i mercati europei che passi per l’Artico ed in particolare per il Nord della Russia.
È chiaro al mondo che negli ultimi anni la Cina sta lavorando alla creazione di una linea diretta con i mercati europei che passi direttamente per il Nord della Russia, complice anche il cambiamento climatico che ha visto lo scioglimento di parte dei ghiacciai situati nelle zone artiche.
Si punta a creare una nuova via della seta che possa in qualche modo velocizzare e migliorare il commercio cinese-europeo. Per riuscire in questa impresa, la Cina da anni lavora ed investe nelle zone di Russia, Finlandia, Islanda e Norvegia in modo da ottenere il passaggio in quelle acque ottenendo le autorizzazioni internazionali necessarie.
Oltre a questo vantaggio, ovviamente, la Cina investendo in queste zone incontaminate sarebbe la prima a raggiungere e mettere mano alle infinite materie prime che si trovano nel sottosuolo, giusto per citarne alcune minerali, petrolio e gas. A dar prova di questo grande interesse è stata anche la creazione e la messa in opera di una macchina rompi ghiaccio sia quando avanza che quando arretra.
Da quando è iniziato l’interesse della Cina verso questi territori?
Non è nuovo l’interesse della Cina verso i territori dell’Artico. Tutto ha inizio nel 1989 quando si registrò l’apertura di un istituto di ricerche polari nella famosa Shanghai. Pochi anni più tardi nel 1993 si dota della prima rompighiaccio che partirà per la sua prima spedizione scientifica circa sei anni dopo. Arriviamo così al 2004 quando fu fondata la stazione artica Huanghe a Ny Alesund situata in un’isola norvegese Spitzberg ritenuta ad oggi la località più settentrionale al mondo.
Si ipotizza che in questo periodo la Cina puntasse a realizzare una partnership con la Norvegia, che sfumò dopo che quest’ultima consegnò il premio Nobel per la pace a Liu Xiaobo nel 2010. Fu così che la Cina puntò all’Islanda e nel 2013 firmò un trattato di libero scambio molto esteso con questa nazione.
Dopo questo trattato le vicende si susseguono molto velocemente, le spedizioni artiche scientifiche aumentano esponenzialmente portando a Pechino un peso diplomatico molto forte. Sempre nel 2013 la Cina diviene osservatore permanente in seno al Consiglio artico, solo pochi mesi più tardi stringe con Mosca un’importante partnership energetica.
La Cina non è infatti l’unica interessata a tutto ciò che si trova nel sottosuolo artico, anzi proprio la Russia ha un grande interesse nel voler sfruttare le innumerevoli risorse di gas che si trovano nella zona. E questo la spinge a costruire una stazione di produzione di gas liquefatto naturale a 700 chilometri nell’Oceano artico, a finanziare il progetto e a fornire tutta la tecnologia di cui si ha bisogno è proprio la Cina. In questo modo la nazione cinese diviene il primo investitore straniero del progetto con una quota pari al 29%.
Nel 2017 entra in funzione la prima unità della stazione di produzione, mentre a Yamal iniziano ad alternarsi 15 macchine rompighiaccio.
Arriviamo ad oggi dove la Russia vede di buon occhio l’aiuto economico e tecnologico che è sempre pronta ad offrire la Cina, ma al tempo stesso teme l’influenza politica che giorno dopo giorno cresce portando la nazione ad essere sempre più importante agli occhi del mondo.
Secondo alcuni studi realizzati dall’istituto di ricerca in Arlington in Virginia, si calcola che dal 2005 al 2017 la Cina ha investito in questo progetto circa 89,2 miliardi di dollari in infrastrutture, tecnologie e finanziamenti nei paesi artici, in particolare nei settori energetici e minerari.
Scopriremo nei prossimi anni se la Cina riuscirà nel suo intento di creare una via della seta nel cuore dell’artico.