Come influisce la situazione politica sull’UE e sulle spedizioni che dobbiamo fare in azienda?
La questione del commercio internazionale non riguarda solo i paesi dell’Unione Europea ma è decisamente più ampia e in questo periodo storico tocca tutto il mondo, soprattutto gli Stati Uniti e il resto del mondo.
Infatti negli ultimi mesi si è inasprita la guerra commerciale tra le due sponde dell’Atlantico, dopo che l’Unione europea ha annunciato contromisure ai dazi americani su acciaio e alluminio a partire da luglio.
Il piano della Commissione Europea di stabilire dazi sulle importazioni dagli Stati Uniti ha ricevuto ampio sostegno dagli Stati membri. I prodotti presi di mira includono il bourbon, i jeans, le motociclette, il succo d’arancia e una serie di prodotti in acciaio. I ventotto paesi dell’UE dovrebbero siglare la decisione al vertice di fine giugno.
Dal 23 marzo 2018 l’amministrazione Trump ha messo in vigore i temuti dazi su acciaio e alluminio voluti dal presidente USA: dazi per 128 prodotti statunitensi, ovvero il 10% e il 25 % sulle importazioni di alluminio e di acciaio. Da tutto ciò inizialmente l’UE risulta esentata insieme ad altri alleati come Australia, Corea del Sud, Argentina e Brasile.
Continuano invece a rimanere alzate le barriere doganali per la Cina, contro la quale sono pronti a scattare dazi su nuove categorie di prodotti per un valore complessivo di circa 60 miliardi di dollari all’anno. A questi dazi si accompagneranno alcune restrizioni sugli investimenti cinesi in aziende di tecnologia americane.
L’ostilità di Trump si è estesa a quel complesso di accordi multilaterali e istituzioni, come il GATT–WTO, che hanno reso possibile la crescita di mercati aperti e interdipendenti fin dalla fine della Seconda guerra mondiale.
L’Europa si è mossa di conseguenza, creando una propria unione politica ed economica e costruendo un insieme di relazioni multilaterali, a partire proprio da quelle basate sul commercio. Infatti i leader europei hanno ora necessità di ripensare la relazione con gli Stati Uniti in tutti gli ambiti, incluse le politiche commerciali.
In meno di un mese dal suo insediamento Donald Trump ha ritirato unilateralmente l’adesione degli Stati Uniti dalla Trans-Pacific Partnership (TPP), un accordo lungamente negoziato dall’amministrazione Obama con undici paesi dell’area del Pacifico per definire regole commerciali comuni in un’area a crescente influenza cinese – escludendo appunto la Cina. Similmente, l’accordo in corso di negoziazione tra Unione Europea e Stati Uniti, il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), è stato di fatto congelato senza interlocuzione con l’Europa.
Tuttavia la produzione di beni e servizi è oggi già di fatto transnazionale, cioè lo stesso prodotto viene esportato e importato più volte prima di arrivare al consumatore finale.
Soprattutto in paesi economicamente sviluppati come Stati Uniti ed Europa, le imprese sono tanto dipendenti dall’import quanto dall’export. Una politica di dazi generalizzata o la cancellazione di standard comuni già esistenti paralizzerebbe le imprese, soprattutto quelle di piccola o media dimensione.
In ogni caso, il passo indietro degli Stati Uniti renderà necessario per l’Europa cementare il suo ruolo di player commerciale internazionale. Il primo passaggio importante sarà l’approvazione da parte dei parlamenti nazionali europei del CETA, l’accordo di libero scambio tra Europa e Canada. Il CETA è un esempio di come l’Europa può proiettare nel mondo il proprio modello di economia sociale e aperta.
La seconda necessità sarà rafforzare le relazioni con i paesi dell’area del Pacifico, ovvero l’ASEAN e la Cina. I paesi ASEAN rappresentano collettivamente il terzo partner commerciale dell’Europa, dopo Stati Uniti e Giappone. Già dal 2009 l’Europa ha lanciato negoziati commerciali bilaterali con i principali paesi della regione, due dei quali (Singapore e Vietnam) sono ormai in corso di finalizzazione. Una conclusione positiva di queste trattative potrebbe aprire la porta ad un accordo complessivo tra l’Unione Europea e l’intero blocco ASEAN.
L’introduzione da parte degli USA di misure di protezione commerciale e le possibili ritorsioni avrebbero gravi ripercussioni sull’attività produttiva mondiale. Quali sono i possibili effetti sulle imprese italiane del ritorno ad una politica protezionistica? Numerosi sono gli approfondimenti condotti in questi mesi. Uno shock protezionistico per i dazi USA e la possibilità che tali misure possano inasprirsi ed estendersi a più Paesi, innescando forme di ritorsione, comporterebbero un impatto macroeconomico per l’Italia, con una perdita di PIL, rispetto allo scenario di base, dello 0,3% nel 2018 e dello 0,7% nel 2019.
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